Chi sono gli Etruschi?

Impieghiamo questo periodo di quarantena per approfondire un argomento che abbiamo incontrato spesso nelle nostre iniziative: la civiltà etrusca. Ne abbiamo parlato con Maria Brugnoli, membro del nostro comitato scientifico e studiosa di questo antico popolo fin dai tempi dell’università. Ad introdurla a questo mondo fu il Prof. Massimo Pallottino, preside della facoltà di Etruscologia e Antichità Italiche, nonché fondatore dello stesso Istituto presso la Sapienza Università di Roma.

Cominciamo col chiederle,

Perché, all’uomo del 2020, dovrebbe interessare la storia degli etruschi?

Bella domanda! Rispondo molto volentieri! Noi siamo abituati ad avere un approccio con il mondo antico, e quindi con le culture classiche, come se quest’ultimo fosse distaccato dal nostro presente e, invece, il modo di agire e di operare degli antichi è molto più attuale di quanto pensiamo. Concentriamoci sugli Etruschi. La loro storia inizia con piccoli villaggi dedicati ad attività agro-pastorali e cresciuti con lo sfruttamento di risorse naturali e metallifere fino a fondare una rete di dodici vere e proprie città stato (dodecapoli) nel Nord della penisola ed espandendosi solo successivamente a Sud con la conquista della Campania. I capi delle città stato si riunivano una volta l’anno per prendere qualsiasi decisione sia politica che religiosa. Gli Etruschi furono quindi dominatori di gran parte dell’Italia nel periodo tra il 700 e il 600 a.C.

In quanto esperti di navigazione furono anche dominatori del Mediterraneo insieme ai Greci, con i quali intrattenevano continui scambi. Le Città etrusche erano aperte allo straniero. Ad esempio, a Cerveteri gli archeologi hanno rilevato testimonianze di arte, cultura e commerci dei più diversi popoli. Ancora, è noto che la città di Tarquinia accolse l’artista Demarato di Corinto, padre del futuro re romano Tarquinio Prisco, che con la sua arte di ceramista fece scuola alla manodopera etrusca: alcuni dei suoi gioielli possiamo ancora ammirarli nei nostri Musei. E così via…

L’uomo del 2020 ha quindi molto da imparare dagli Etruschi, un popolo libero, esperto, religioso che fece da maestro a molti popoli italici. Tra questi la stessa Roma, che inviava i rampolli delle proprie nobili famiglie a studiare a Cerveteri le sacre lettere etrusche, un po’ come adesso si fa con le Università straniere.

A proposito della scrittura etrusca, come mai ci sono state e ci sono ancora molte difficoltà per l’interpretazione dei testi?

L’interpretazione attuale della scrittura etrusca è dovuta soprattutto alla scoperta negli anni ’60, durante una campagna di scavo sul litorale laziale e precisamente a S. Severa, antica Pyrgi, di tre lamine d’oro, due scritte in etrusco e una in fenicio, che hanno permesso una traduzione facendo il confronto fra le due lingue. Queste tavole sono oggi conservate al museo della Civiltà Etrusca di Valle Giulia a Roma. Massimo Pallottino, scopritore delle lamine presso uno dei due santuari di Pyrgi, sosteneva che oggi siamo ormai in grado di tradurre la maggior parte delle iscrizioni più brevi e di afferrare il contenuto dei testi più lunghi.

La chiave alla decifrazione della scrittura etrusca non è quindi del tutto fornita, molte sono ancora le teorie e le interpretazioni. Ciò dovrebbe essere di grande stimolo per i giovani di oggi che portando avanti questa ricerca possano finalmente sciogliere il mistero della scrittura etrusca.
Il materiale che finora ha permesso agli studiosi di oggi di leggere l’etrusco è in parte materiale deperibile: si tratta prevalentemente di iscrizioni rinvenute nelle tombe, formule dedicatorie riconosciute su vasi o sulle tele di lino che avvolgevano mummie come quella rinvenuta in Egitto, ora conservata a Zagabria. Sono andati invece perduti i testi più importanti della cultura etrusca, i cosiddetti Tagetici, antichi libri sacri che contenevano le norme della disciplina etrusca. Ma, per nostra fortuna, gli antichi conoscevano i testi etruschi e li leggevano. Ed è proprio grazie a loro che abbiamo molte notizie sulla civiltà, la storia, gli usi, i costumi e la religione degli etruschi.

Ci parlano di questo popolo, tra i tanti, lo storico Verrio Flacco nel “Rerum Etruscarum”, l’imperatore Claudio, amante della cultura etrusca e sposato con l’etrusca Plauzia Urgulanilla, in “Tirrenikà” e Varronele nelle “Tuscae Historiae”. Del mito di Tagete, da cui i libri Tagetici, ci parla ad esempio Cicerone nel suo De Divinatione (II,23).

 

Un’ altra questione di difficile comprensione che riguarda gli Etruschi. Pur essendo un popolo molto religioso non ha lasciato testimonianze di architetture sacre, come i templi, a differenza dei Greci e dei Romani. Perché?

Popolo religiosissimo quello etrusco, quasi superstizioso, dedito a pratiche molto scrupolose eseguite secondo “etrusco ritu”. Fra gli antichi popoli italici è quello che sin dai primordi ci ha trasmesso più informazioni riguardo al suo interagire con la natura, ritenuta sacra. Gli etruschi erano artefici di culti ancestrali, per cui non era necessario un tempio quanto il riconoscimento di uno spazio sacro: all’interno di questo spazio, voglia essere un’area nel bosco, circondata da alberi, o una capanna, il sacerdote che compiva il rito si collegava con il mondo superiore e ctonio (inferiore) e da tramite univa i tre mondi ed eseguito il rito ricavava gli auspici (Varrone).

Testimonianza della presenza di un’antica area sacra è a Tarchna, il primo luogo dove sorse Tarquinia: qui è stata rinvenuta una capanna con tracce di offerte e un pozzo per il rito. Tuttavia a Tarchna vi è anche la testimonianza dell’esistenza di veri e propri edifici religiosi. Sempre qui, infatti, è stato rinvenuto un imponente tempio di cui si possono ammirare i basamenti intatti per tutto il perimetro. Non possiamo rilevare le strutture portanti, ma sappiamo che dovevano essere particolarmente preziose: il gruppo dei Cavalli Alati ora custoditi nel Museo Archeologico di Tarquinia decorava quasi sicuramente questo tempio.

Il motivo principale per cui non ci è pervenuta nessuna struttura architettonica per intero è che i materiali che venivano utilizzati, legno per le colonne e terracotta per le decorazioni, si sono deperiti nel tempo. Grazie ai sistemi moderni possiamo ricostruire virtualmente il loro aspetto e, al contempo, ammirare la statuaria fittile sopravvissuta, come l’Apollo di Veio, località vicino a Roma, che si trovava sul tempio del Portonaccio. Altro esempio eclatante è il tempio di Giove Capitolino, voluto da Tarquinio Prisco, re di Roma, sui cui basamenti è tutto il complesso dei Musei Capitolini, dove si possono ammirare le superbe decorazioni e parti architettoniche.

Fra le tante domande che vorremmo fare : il popolo Etrusco proviene dal Nord oppure dall’oriente o è autoctono? E poi come e quando finisce la civiltà etrusca?

Interessante e complessa la prima domanda che prevede una risposta lunga ed elaborata: anche gli autori classici sono discordi su questo tema!
Anche parlare della fine della civiltà etrusca non è affatto semplice. Quello che sicuramente possiamo affermare è che il popolo etrusco si è estinto progressivamente con la conquista romana, ma non sparì del tutto tant’è che ai tempi dell’imperatore Claudio esisteva ancora il collegio dei 60 sacerdoti aruspici etruschi. Una tradizione ingloba l’altra ma non l’annulla, a far si’ che non si cancellino le sue radici, le nostre radici.

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