Dedicarsi del tempo, nutrire le proprie conoscenze, formarsi una cultura più ampia possibile su ciò che ci circonda, e che ci riporta al nostro passato più prossimo. Le ricchezza della nostra storia , e la profondità delle nostre Radici. Un ristoro differente dal solito; capita così di ritrovarsi una domenica mattina sul presto, ma non prestissimo. ..!Questa volta la meta non sono le montagne, ma un territorio più volte sfiorato durante le nostre escursioni; la nostra meta di oggi è infatti Anagni , posta su una collina che domina la Valle del Sacco, posta esattamente in mezzo tra i monti Lepini, che troviamo più o meno a ovest sud-ovest, e gli altipiani di Arcinazzo, con le vette dei monti Simbruini e degli Ernici, ad oriente.
Ci ritroviamo così insieme agli amici di Radici nel Mondo, direttamente nella “Città dei papi” , il panorama cittadino è desertico come il clima, pochi coraggiosi in giro per le strade, e la sensazione di essere tra i pochissimi turisti che si sono avventurati da queste parti. Per il turista che ama guardarsi intorno, scoprire i particolari , la mancanza di sovrapposizioni con altre centinaia di persone che come hanno avuto la stessa idea, è una sorta di sollievo, anche se in questo caso non mitiga di troppo il calore che ci avvolge già dai primi passi.
L’ingresso nelle mura, i primi edifici dal sapore medievaleggiante, e subito la Cattedrale di Santa Maria Annunziata, situata in quella che è stata l’area sacra della città già in epoca pre-romana, quando l’antica Anagnia era la città sacra del popolo degli Ernici, in un’epoca in cui il centro spirituale di un popolo era anche il centro che oggi diremmo “politico” più importante, posto al centro di una gerarchia che si esprimeva negli altari più che nei municipi.
Sede anche in epoca romana del tempio di Cerere , l’area domina la valle circostante, ed ha di fatto sempre ospitato fin dall’epoca dei fondatori aree sacre o adibite ad edifici religiosi. La torre campanaria ci introduce quindi all’ingresso della Cattedrale e del museo del tesoro.
La guida che ci accompagna è una simpatica ragazza torinese, verrebbe voglia di chiederle come è finita da queste parti, ma la “mitraglietta” che attacca sconsiglia ulteriori approfondimenti quando il primo caffè della mattina ha appena terminato i suoi effetti benefici…e poi da subito è la volta del museo, la palpebra rischia di cadere con facilità; sono spesso inconsapevoli rimembranze scolastiche, di un tempo in cui non puoi non avere in odio il vecchiume che alcuni musei ispirano.
Forse è solo molto difficile che la bellezza si possa esprimere in una teca; la prova è che tutto cambia quando la luce illumina l’interno della Cattedrale; i pavimenti mosaicati con motivi geometrici sono uno spettacolo di forme concentriche e simboliche, i colori dei 32 differenti marmi utilizzati impreziosiscono un lavoro artigianale di quelli che come si direbbe al cinema, valgono da soli il prezzo del biglietto. Anche se è possibile osservare il lavoro dei maestri Cosmati anche in diverse chiese di Roma (vd Santa Maria in Cosmedin) e non solo, è sempre uno spettacolo vedere le forme che si inseguono, il sapiente lavoro di intaglio che trasforma un lavoro artigianale in una sapiente ed unica architettura, che dall’ingresso porta all’altare.
Tanta ricchezza di forme e di colori è d’altronde espressione di una città che oltre a dare i natali a ben 4 papi, è stata anche sede amministrativa e religiosa del papato, unica fuori dalla Santa Sede romana, insieme ad Avignone.
Ma la pavimentazione dei Cosmati è solo un antipasto. Bellezza chiama bellezza, ed è così che avviene con la discesa nella cripta della Cattedrale,in origine luogo probabilmente di un mitreo; qui si riunivano i primi cristiani, facevano comunità lontano da occhi indiscreti ed indagatori.
Ma il vero spettacolo si apre con la Cripta di San Magno. Qualcuno ne aveva sentito parlare come della “cappella Sistina del Medio Evo”, e fatte le debite proporzioni, il soprannome non è regalato.
La Cripta è infatti uno scrigno che dispiega per tutta la sua lunghezza affreschi e colori che coprono interamente volte e pareti affrescate nel XII secolo, in un ottimo stato di conservazione probabilmente ravvivato dal recente restauro. La mente corre alla magia e ai colori della cripta dell’abbazia di San Ponziano, vicino Spoleto, ma qui lo svolgimento dell’affresco non è andato perduto. Nonostante siano state probabilmente portata avanti da almeno tre maestri, le ventuno volte della cripta presentano uno svolgimento assolutamente coerente, e la storia che raccontano pareggia la grandiosità del disegno, e la chiarezza della mano che ne rappresenta la continuità.
L’apocalisse è raccontata a partire dalla genesi, dalla volta celeste; sono nel cielo i riferimenti fissi dell’universo, le stelle ed i pianeti. Tra il cielo e la terra, elemento di raccordo, è l’uomo, rappresentato anch’esso in maniera simbolica, quale elemento di unione appunto; ma anche in maniera scientifica, come sintesi ed insieme proporzionato dei quattro elementi ( terra, acqua, fuoco, aria), nelle sue “esatte” proporzioni. I quattro elementi, le quattro età dell’uomo (infanzia, adolescenza, maturità e vecchiaia), e le stagioni; tutto cio’ non aveva che la funzione di spiegare e razionalizzare il microcosmo ed il macrocosmo, perfettamente armonici. Galeno ed Ippocrate, rappresentati insieme ( in realtà il primo “discepolo” del secondo) sembrano dare la “benedizione” a questa rappresentazione scientifica, mentre nello svolgimento della teoria dei mosaici, quattro creature antropomorfe rappresentano i venti che danno forma al globo.
Ma non c’è spazio per le decorazioni, la “storia” nelle volte prosegue, ed incalza come il racconto di chi è preso, per lavoro e per passione.
Si entra nel vivo del racconto biblico, vecchio e nuovo testamento si incrociano. I simboli si incrociano, l’arca della Santa Alleanza crea scompiglio nelle città degli uomini delle città più importanti del medio oriente, che provano a difendersi in maniera disordinata; ma è l’Arca stessa ad annunciare la salvezza, è la Madonna che accetta nell’accettazione del suo ruolo di madre di Cristo, sublima la carne ed il sacrificio di morte che dà vita. È la speranza che entra prepotente nel mondo, il Cristo che osserva maestoso al centro della sala, mentre sulle volte si svolge il racconto dell’Apocalisse,la visione di Giovanni. Tema estremamente difficile da rappresentare nella molteplicità dei simboli: gli angeli, le chiavi, i sigilli, i cavalieri che combattono, ventiquattro vegliardi in adorazione all’agnello con l’arpa, che cantano:” sono le preghiere dei santi”. E’ l’adorazione dell’Agnello: “i ventiquattro anziani si prostrano di fronte all’Agnello. E cantano un cantico nuovo dicendo: degno sei di ricevere il libro e di aprire i suoi sigilli, perché fosti sgozzato e col sangue tuo ci riconciliasti con Dio, noi di ogni tribù, lingua, popolo, gente, e di essi hai fatto per il Dio nostro un regno e dei sacerdoti, e regneranno sulla terra”. È poi un trionfo di angeli in lotta, ritornano i tetramorfi, on le sembianze dell’uomo, del leone, del toro e dell’angelo (che diverranno simboli dei quattro evangelisti); e poi gli angeli trombettieri, la lotta con gli angeli ribelli, Michele che colpisce il drago satanico e infine gli angeli che scardinano il sole, la luna e il cielo stellato a significare la fine del mondo”*.
Una teofania che si svolge fino alla vittoria finale, alla Salvezza. Un messaggio di speranza in una rappresentazione che non dà tregua, un trionfo di colori e simboli che vede, forse caso unico in Italia, intrecciarsi motivi scientifici, teorie platoniche e racconto biblico. Di fronte alla grandiosità del racconto che si svolge sulle volte, passano in secondo piano le classiche opere dei santi locali, San Magno e Santa Oliva in primis. D’altronde la sensazione è forte, non solo il messaggio, ma anche la bellezza del disegno, la fantasia dei colori, e lo svolgimento di una storia che ha conservato intatto il fascino di teofania apocalittica riempie gli occhi e la mente.
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Usciamo, la visita prosegue, il palazzo di Bonifacio VII, alcuni scorci della città medievale, ma come spesso capita, la sensazione di aver visto ciò per cui valeva la pena esserci è appagata dalla visione di un’opera unica, arte, spiritualità, storia, religiosità, la profondità di una visione, e la curiosità e la voglia di approfondire, tutti gli stimoli giusti di un (piccolo) viaggio!
*http://www.camminarenellastoria.it/index/ald_it_La_FR_10_Anagni_apocalisse.html#1