Gli ismaeliti nel cuore dell’Islam

Rubrica di Radici nel Mondo “Da Oriente a Occidente”

di Marika Guerrini

Prima di posare lo sguardo, se pur fugace, sugli Ismaeliti, sulla loro visione del mondo e della storia in cui antiche tradizioni filosofiche iraniche si fondono con il quadro della profetologia islamica, non ci si può esimere, data l’ampiezza e la complessità dell’argomento, dall’indicare i motivi che originarono, nel cuore dell’Islam, lo scisma da cui gemmò l’Ismaelismo. Né si può tralasciare il periodo del suo fulgore all’interno degli avvenimenti storici il cui scenario fu l’Oriente islamico dal X al XIII secolo, tempo, quest’ultimo, dell’irruzione dei Mongoli nella regione. Ma procediamo per ordine.

Facendo un passo indietro, sempre per chiarezza di contenuto, delineiamo il profilo storico di Muhammad il Lodatissimo, che l’antico Occidente chiamò Malcometto, come riportato da Marco Polo ne “Il Milione”, di poi storpiato in Maometto, da lui si ebbe l’Islam, nell’Islam lo scisma, da una corrente frutto dello scisma gli Ismaeliti.

La nascita di colui che sarebbe poi divenuto il Profeta dell’Islam si ha in un tempo incerto collocabile tra il 570 e il 571 d.C., fu allora che, da una famiglia notabile della tribù Quraysh, nella città carovaniera araba di Mecca, nacque Muhammad, poi detto il Lodatissimo, per morire a Medina l’8 giugno del 632.

Entrando nel vivo dell’immaginazione è importante sapere che a Mecca, al tempo, circolavano idee e costumi molto diversi tra loro, vi transitavano mercanti d’ogni paese e categoria, dal beduino al nobile al religioso monoteista al pagano e così via, in questo contesto Muhammad, rimasto orfano all’età di sei anni e affidato ad una nutrice, crebbe e con lui crebbe il desiderio di viaggiare collegato anche al mestiere di mercante che era stato di famiglia. I suoi orizzonti si allargarono sempre più, acquisì cognizioni di Cristianesimo e Giudaismo, ma viaggiò non solo per mestiere o conoscere luoghi e popoli, bensì per quell’ impulso a conoscere se stesso e i perché della vita che lo caratterizzava da sempre. E fu in questa ricerca che un giorno, correva l’anno 610, leggenda vuole, Muhammad si trovasse a meditare in una caverna tra le rocce del monte Hira, quando ebbe una rivelazione che lo terrorizzò. Per fedeltà storica, malgrado si siano raccontati e si raccontino una cospicua varietà di aneddoti, va detto che nulla si sa di certo sul luogo e la modalità di quella esperienza, certo è soltanto che, a breve tempo da allora, Mohammad prese a raccontare, di poi a divulgare, la missione ricevuta da Dio e periodicamente confermatagli da un emissario celeste: l’Arcangelo Gabriele.

Il profeta Muhammad rappresentato all’interno di una Moschea

Gli era stato affidato, nelle rivelazioni, il compito di trasmettere alle genti della regione i riferimenti sovrannaturali a lui comunicati e, in base ad essi, fondare una nuova Religione monoteista così come il credo Giudaico e il Cristianesimo. Muhammad, interpretando il compito affidatogli, decise di proporre ai maestri spirituali del popolo ebraico la fusione dell’Islam con il Giudaismo, essendo i due Credo entrambi figli del Padre Abramo, ma il rifiuto fu immediato ed assoluto, non solo, ma provocò rivolte del popolo ebraico contro l’Islam, in arabo i’zalam, “sottomissione” a Dio, che, nel concetto islamico originario, quindi di Muhammad, non si differenziava dall’antico Dio ebraico né da quello cristiano se non che per il nome: Allah, Jeova, Dio.

A questa risposta negativa, Muhammad, che fino ad allora aveva predicato ai seguaci la preghiera e la genuflessione inchinati in direzione di Gerusalemme, luogo sacro a Dio quindi città sacra, cambiò la direzione della genuflessione sì che la preghiera fosse rivolta verso Mecca. A questa variazione in seno al nuovo Credo altre seguirono compresa la regione di diffusione, Mohammad da allora in poi diresse la sua attenzione alle genti arabofone, per lo più nomadi divise in tribù, attenendosi, senza alcuna interpretazione, al compito affidatogli ovvero portare l’Islam a tutte le popolazioni segnalategli dal mondo spirituale: le genti arabe, appunto, con l’intento di riunirle in un unico grande popolo.

Questo accadde all’origine dell’Islam, questo nel corso della vita di Muhammad il Profeta, questo va tenuto presente per comprendere a fondo la missione dell’Islam originario e riflettere sull’attualità, ivi compresi gli annosi costanti contrasti tra Palestina ed Israele come fossero retaggio di un’antica impronta. Ma andiamo avanti ad incontrare lo scisma.

Il casus belli scatenante lo scisma fu la successione alla guida dell’Islam presentatasi alla morte di Muhammad che sappiamo nel giugno del 632. La morte del Profeta infatti, colse di sorpresa tutti i suoi seguaci e dimostrò quanto labile fosse, in quel momento, l’unità con cui il nuovo verbo aveva stretto le genti arabe o aveva provato a stringere. Si deve al fervore religioso e guerriero dei discepoli di Muhammad se l’Islam non venne meno allo slancio di conquista che l’aveva caratterizzato e che continuò a progredire. Nel frattempo però, un personaggio a nome Abū Bakr, uomo energico e determinato nonché padre di Hāisha la sposa preferita del Profeta, approfittando della confusione generale seguita al lutto, si era imposto quale successore con il titolo di Califfo, dando così inizio all’istituzione del Califfato, malgrado la cosa fosse assolutamente estranea al Corano, al-Qurān, il testo sacro “scritto da Dio” e rivelato a Maometto dall’Arcangelo.

Rappresentazione dell’Imam ‘Ali

Non solo, ma questo atto di autoproclamazione compiuto da Abū Bakr aveva ignorato la linea ufficiale di successione che avrebbe voluto Alì legittimo discendente del Profeta, poiché cugino nonché genero per averne sposato la figlia Fatima, quello stesso Alì che le tradizioni (hahādít), rappresentavano quale campione di coraggio, virtù e sapienza. Alì infatti non riconobbe il ruolo di Abū Bakr, tanto meno lo riconobbero i suoi sostenitori. La disputa si protrasse a lungo, alla fine Alì si fece spontaneamente da parte, la qual cosa rafforzò la convinzione dei suoi sostenitori ma placò la contesa. Trascorsi due anni, alla morte di Abū Bakr, la questione si ripresentò accresciuta: chi voleva la successione all’interno del Califfato formato dai quattro califfi ispirati da Dio, e chi invece sosteneva la linea di successione diretta, ovvero ancora Alì, comunque anch’egli califfo ispirato da Dio, ma, in ordine, il quarto. Vinse il Califfato, Alì avrebbe dovuto attendere dell’altro tempo prima di poter svolgere il ruolo legittimo. Nel frattempo la disputa aveva creato la scissione degli islamici in due correnti: il Sunnismo, da Sunnah-tradizione, e lo Shiismo da Shí’a – partito o fazione. Ed ecco lo scisma in cui dallo Shiismo sarebbe gemmato l’Ismaelismo.

Bisogna sapere che l’Ismaelismo, il cui nome viene da Ismael settimo imam discendente di Alì, godé di una immediata grande diffusione protrattasi poi negli anni, in un’area che si estendeva dall’Egitto all’India, interessando popolazioni con caratteristiche etniche proprie quali i Drusi nel Libano e nella Siria, i Khoja e i Bohora dell’India settentrionale, gli Ahl-i-Haqq della Persia e ancora e ancora comprese alcune etnie del Caucaso e del Kurdistān. Inoltre data l’originale rielaborazione del pensiero filosofico islamico, l’Ismaelismo esercitò notevole influenza su nuclei alquanto misteriosi tra cui la setta degli Yazídi in Iraq e quella dei Nizani collocabile tra la Persia e parte dell’Afghānistān.

Ordine di Sufi Ahl-i Haqq

Ma in cosa consisteva questo movimento rivoluzionario sciita, politico e religioso al contempo, venuto alla luce nel 1090, del calendario gregoriano, che aveva in Siria il suo quartier generale, che ebbe non un momento caratterizzante bensì tre, di cui il primo fu quello delle origini relativo ed immediato allo scisma di cui sopra, il secondo quello che politicamente si manifestò nei Fatimidi, discendenti da Fatima figlia di Muhammad e sposa di Alì nonché madre di Hasan e Husseyn quest’ultimo martire a Kerbala (attuale Iraq), ed il terzo quello che riguardò la Persia e che coincide con quanto interessa i nostri fini, in cosa dunque consisteva?

Senza entrare nello specifico che richiederebbe pagine e pagine distogliendoci dal percorso, diremo, in assoluta sintesi, che l’Ismaelismo, questa forma eterodossa rispetto allo stesso Shiismo, riguardava la successione degli imām e presentava ulteriori aspetti esoterici rispetto allo Shiismo originario. Infatti, in seguito a numerose vicissitudini intestine, il Movimento aveva assorbito conoscenze anche non islamiche, risultando così una sorta di sincretismo di antichi elementi ellenici e babilonesi, di elementi indiani, iranici etc., andando in tal modo a trasformare alcune delle teorie portanti proprie all’Islam.

Fu questa forma di apparente apertura a varie religioni e religiosità a dare modo agli Ismaeliti di at­tirare svariati strati della società, organizzandoli in un unico contesto. C’era quindi da aspettarselo che il Movimento ramificasse e che, in una sua componente, prendesse forma di Ordine, giungendo così a tro­varsi in violenta opposizione con il sultanato dei Selgiuchidi che prima di allora non aveva attraversato alcun attrito interno tra sunniti e sciiti. Il fatto è che questo ramo fattosi Ordine, si era trasformato in vera e propria setta e non solo cercava proseliti, ma li formava per creare un vero e proprio nucleo di potere capace di sovvertire l’ordine selgiuchide.

Leone ismailita adottato dai Nizariti

Fu il fervore all’idea che proferì a questo ramo dell’Ismaelismo il suo momento di gloria, facendogli abbracciare interi paesi e popoli, quest’Ordine pur se estremo, aveva comunque conservato un forte senso escatologico immanente e trascendente. E fu lo stesso fervore che lo aveva portato in Persia a fondersi con la già presente, perché iranica, concezione esoterica della storia e della regalità. E fu ancora lo stesso fervore che nel suo migrare in Siria, dove in certo senso l’albero madre era nato, fece attribuire ai suoi adepti l’epiteto di hashíshiyyūna, ovvero consumatori di hashish, in realtà attribuito in senso dispregiativo dagli avversari non per il fatto in sé, ma perché questi ultimi, distanti dai principi di questo ramo ismaelita, attaccavano quella ricerca dell’Uomo Cosmico oltre ogni tempo e spazio che era da sempre il cuore dell’Ismaelismo perseguito come valore e condizione, anche extrasensoriale, a cui gli ismaeliti tutti erano da sempre votati. Sta di fatto comunque che il termine hashíshiyyūna divenisse per noi, dall’etimo hashish, la parola Assassini col noto senso significante perché praticanti l’assassinio a scopo politico. E qui ci si avvicina, per quanto in maniera solo superficiale, a quel che si possa supporre interessare i nostri giorni.

Nel processo formativo degli adepti, infatti, venivano addestrati gruppi di agenti devoti fino al fanatismo, pronti a sacrificare la propria vita per la causa, pronti ad usare ogni mezzo, anche illecito, pur di raggiungere gli scopi prefissi. Formazione che noi riterremmo mistica portata all’estremo, con accezione negativa, se non avessimo conoscenza della grande diversità strutturale interiore dell’essere umano di quel tempo, uomo o donna che fosse, della diversità di costume, di etica, di tradizione, eccetera eccetera, rispetto agli uomini e all’intera vita individuale e sociale a noi contemporanea. Questo concetto è sempre di fondamentale importanza per comprendere la Storia e permettere che si faccia maestra di vita, e il modo per comprenderla sta nel calarsi nel tempo relativo a “quei” fatti sì da guardare alla storia con lo sguardo ed il pensiero del tempo in questione. Ora però rientrando nella storia che stiamo raccontando, ci troviamo dinanzi alle tecniche che, al fine di espandere quel particolare pensiero rivoluzionario rispetto all’ufficialità dell’Islam, furono, come accennato, di terrorismo e assassinio politico.

E ancora una volta si affaccia il parallelo con l’oggi che riporta noi uomini del presente a qualcosa che sappiamo, ma la grande differenza, come tracciato poco fa è nel pensiero che sprona alla relativa azione, così alcuni antichi principi di quel ramo ismaelita relativo al suo tempo, estrapolati dal contesto storico di nascita, fuori dalla morale di allora, dall’etica, dal costume, dalla tradizione e ancor più dalla ricerca escatologica di allora, mascherati, si sono fatti scudo altrui, sono quindi da collocarsi oggi esclusivamente nella sfera della criminalità. Ma riprendiamo il cenno storico.

Hasan-i-Sabbah

Gli Ismaeliti li troviamo anche tra le quinte delle guerre con i Crociati, così come li troviamo nell’incontro con i Crociati al tempo di Salāh al-Dín, per noi il Saladino (Tikrit, Iraq, 1137- Damasco, Siria, 1193), malgrado quest’ultimo fosse scampato ad alcuni attentati da parte del ramo militante. E li troviamo anche ad influenzare molte correnti esoteriche, per esempio un ramo del Sufismo ed i suoi, ma non solo suoi, asceti votati alla povertà e all’allontanamento dal mondo materiale in nome di un mondo superiore: i Dervisci.

Si potrebbe, e forse si dovrebbe, continuare nella narrazione di questa interessante corrente esoterica sorta nel cuore dell’Islam intorno all’VIII secolo e divulgatasi a partire dall’X, ma per motivi di opportunità ci si ferma qui, inoltrarsi nell’argomento richiederebbe pagine e pagine e pagine e questo nostro accenno si farebbe libro inopportuno alla sede. Chiudiamo col dire che il tempo d’oro dell’Ismaelismo il suo nerbo persiano, quello più forte, si frantumò a causa di una forza sconosciuta giunta dall’Asia Estrema come una tempesta, a capo vi era Hulegu Khan, fratello di Genghiz Khan, poi, al tramonto dei mongoli, un’altra figura che sarebbe divenuta grande, si fece spazio nella storia che aveva visto in gran parte della regione fiorire l’Ismaelismo, questi fu Timūr-i lang, per noi Tamerlano, costui avrebbe dato vita a quello che sarebbe divenuto il grande Impero dei Moghul confinante con la Persia e inglobante parte di quelle terre ad essa appartenute tra cui una regione dell’Afghanistan. Ma questa è un’altra storia.

Karim Agha Khan IV al funerale di suo nonno

Malgrado tutto ciò la vita dell’Ismaelismo non s’interruppe, silenziosa, sotto varie sembianze ed in vari luoghi, è giunta fino a noi, la riconosciamo, per citarne una, nella ramificazione che prende il nome di Nizami e trova in Karim Hosseyn Agha Khan, in Svizzera, a Ginevra, il suo Imam, il suo capo. Sta di fatto che, comunque, nello scorrere del tempo la corrente degli Ismaeliti non si sia mai estinta, malgrado l’uscita di scena e il vivere in segretezza più o meno fino al XIX secolo.

Ancor più segreta però fu l’atmosfera che circondò la persona dei suoi imām che, come sappiano sono il fulcro umano e spirituale dell’intera concezione escatologica del Movimento. Molti sono i frammenti di riferimenti storici diretti, molti sono i nomi dei personaggi che puntellano l’universo ismaelita così come Il Vecchio della Montagna, narrato anch’egli da Marco Polo, non uno ma più Vecchi della Montagna, e tutti dal doppio aspetto angelicato ed infero, luce e tenebra, secondo il tempo. Ed anche molti personaggi emergono nella storia universale ed ognuno di essi ha una storia a sé spesso enigmatica, storia in cui al personaggio si attribuisce la qualità di guida spirituale ismaelita. Una di queste figure fu il maestro di Galāl ad-Din Rūmí (1207-1273) il grande poeta fondatore dei Dervisci, ed è con una riflessione di Rūmí giunta a noi dal Medioevo con pensieri collegati a princìpi in cui si riflette l’attualità, che andiamo a chiudere queste nostre pagine. Ascoltiamo.

Le divergenze negli uomini sono nate dal nome; quando l’umanità si è volta all’intimo significato, ha trovato riposo.

Un uomo diede una moneta a quattro persone. E l’uno disse: La spenderò per acquistare dell’angūr!

L’altro, un arabo, disse: no io voglio dell’ ‘inab, no angūr, o malnato!

L’altro, un turco, disse: questa è roba mia, non voglio ‘inab voglio uzum!

L’altro, un greco, disse: basta con queste chiacchiere, vogliamo dello staphili!

E quella gente prese disputando a rissare, ignari com’erano del segreto dei nomi.

Scioccamente si presero a pugni, pieni di ignoranza, vuoti di saggezza.

Se fosse stato lì un esperto del segreto, un nobile dalle cento lingue, avrebbe ben dato loro la pace…

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