Questa stanza non ha più pareti ma alberi, alberi infiniti come i ricordi che costellano le nostre case e che sono parte integrante delle nostre Radici. Vi ringraziamo perchè avete voluto condividere con noi i vostri ricordi. Eccone alcuni…
L’odore dell’incenso, la luce soffusa, esili candele all’ingresso per accompagnare le preghiere rivolte ai vivi o ai morti. In ogni città della Romania, nelle sue chiese ortodosse, abbiamo ritrovato lo stesso silenzio e la stessa sensazione di calma interiore che ci ha accarezzato l’anima. Questa stessa calma ci ha portati, nel brulicare del mercato nella piazza centrale di Brașov, città della Transilvania, ad un gazebo senza turisti curiosi a farvi capannello, custodito da una signora anziana che, con il capo coperto da un tipico fazzoletto, stavi lì curva su se stessa tra i suoi oggetti religiosi in legno nel suo sacro silenzio. Abbiamo deciso di portare via con noi questa piccola croce così che ci riporti al cuore la religiosità e la semplicità del popolo rumeno.
Laura da Roma
Questa statuetta è fatta con materiali poveri come la paglia, gli stracci, la colla e il gesso. E’ di origine leccese e ricorda l’antica arte dei cartapestai. Questa tradizione risale al periodo della controriforma dove era richiesto ai fedeli di personificare la devozione con la rappresentazione di santi e madonne. Furono i barbieri i primi a cimentarsi in questa attività in cui arte e artigianato si fondono. Questa statuetta mi ricorda la devozione dei nostri nonni e la loro volontà di rappresentarla anche con materiali poveri come la carta pesta.
Silvia da Roma


Ricordo la fatica, di me bambino, nel girare la manovella per caricare il meccanismo; la delicatezza con cui appoggiavo la punta di ferro sul disco per il terrore di rompere o rovinare ed incorrere nell’ira della nonna armata di battipanni.Ora lo vedo come un anello, uno degli ultimi, materici, legami con avo, un antenato che rappresenta se stesso e la famiglia intera.

Sono passati 36 anni ed ho conosciuto tante parti del mondo ma il mare della Licia, blu, con le tombe affioranti, ancora mi avvolge nel ricordo. E’ da li che ho riportato la riproduzione di un dio Mesopotamico ben eseguita in marmo, forse ENKI il dio delle acque dolci e dell’oceano primordiale. E’ un mio carissimo amico, ho sempre sguardi per lui e carezze rispettose per pulirlo dalla polvere degli anni. Forse mi ha portato fortuna, non so, ma in lui mi perdo pensando al mare.

Il 2009 l’anno del terremoto in Abruzzo, mio marito è aquilano, tanto dolore e non solo, sono fuggita con una mia amica facendo un viaggio in Siria.
Viaggio impresso nel ricordo: solo pochi mesi dopo i luoghi visitati non esistevano più.
I ricordi più forti quelli di un regime che ci controllava con i soldati le macchine fotografiche sul pullman per vedere se avevamo fotografato qualcosa di proibito.
Gli occhi dei giovani, quelli non li dimenticherò mai: confidenti, speranzosi, aperti, desiderosi di riscatto con il solo colloquio con un italiano. Ricordo i loro sorrisi.
Uno sguardo di questi mi stregò, un ragazzo forse sedicenne, educato, istruito, era solo in un negozietto di oggetti antichi a Palmira, davanti al museo. Io come un tornado in una pausa del tour entrai ed adocchiai la collana con il turchese che oggi è uno dei miei gioielli più importanti perché viene dal dolore e da un luogo martoriato. Ha una storia ed un ricordo nitido con se’.
In tutti questi anni ho sempre pensato a quel ragazzo chiedendomi se fosse vivo o se avesse anche lui combattuto e con quale fazione.
Stringo il pendente della collana e gli mando un pensiero di vita. Emanuela da Roma
